Giochi e videogiochi

Dealer: Chronic, Pills & Coke

Dealer: Chronic, Pills & Coke

Il peggiore esempio di videogames della storia credo che sia questo!
Non c'è altro da dire, altro da paragonare a questo.
Ci sono stati giochi violenti, vero!
Ci sono stati giochi alienanti, verissimo!
I giochi delle nuove generazioni devono essere gestiti dallo strettissimo controllo dei genitori, sacrosanto!

Ma questo è stato davvero troppo.
Allora, vengo a conoscenza di questo gioco perchè due genitori mi raccontano di aver accompagnato il figlio, anni otto, in un negozio di videogames per acquistare un gioco di cui ha sentito parlare a scuola. Il bambino lo vuole perchè gli hanno raccontato che il protagonista di questo videogioco gira con un'utilitaria per le strade della città. Allora questi genitori accompagnano il bambino al negozio, chiedono il gioco ed il commesso dice loro: "siete proprio sicuri di volere questo gioco? perchè io per correttezza vi devo dire che il protagonista è uno spacciatore e questo gioco è praticamente un simulatore di spaccio".
Chiaramente i due genitori non acquistano il gioco, ne prendono uno in cui ci sono semplicemente macchine e piloti e vanno via.

Quello che mi chiedo è: se quei genitori avessero dato i soldi al bambino per prendere il gioco dal negozio e non fossero entrati con lui.
Se quel commesso non fosse stato onesto nello spiegare di che cosa si trattava.
Se quel bambino fosse vissuto con dei genitori meno attenti, ora avrebbe imparato, a otto anni, cosa vuol dire spacciare?

Come dice il testo che cito tra le fonti il subliminale è terribile, perchè è chiaro che il videogames deve riprodurre situazioni limite in cui la maggior parte delle volte il "cattivo" diventa più affascinante e lo scopo del gioco è quello di battere "i buoni". Quindi in un combattimento virtuale uccidiamo dei soldati con un click del joypad, e chiaramente non ne dobbiamo sentire il rimorso, perchè è finzione. 
Di questo diabolico Dealer quindi ciò che ci scandalizza non è il principio dell'illegalità ma il fatto che un tema come la droga, o meglio lo spaccio della droga, venga servito alla portata dei bambini, dei giovani, venga presentato loro questo mondo.
E poi la prostituzione e la ricettazione come attività parallele per incrementare il guadagno. Allora che messaggio è questo?
Dove finisce il gioco e dove inizia il lavoro recondito sulle menti dei nostri giovani?
Se poi un ragazzino vede Corona in tv e lo associa all'eroe del videogames come possiamo dissuaderlo nel prenderlo come esempio?
Come possiamo proporre poi ai nostri ragazzi un Roberto Saviano come esempio alternativo?

Se un bambino di otto anni rischia di venire a contatto con un simulatore di spaccio tutti noi dobbiamo responsabilizzarci, non sperare nella civiltà del commesso del negozio che ci metta in guardia. Questo non basta più!
Allora qui finisce la famosa curva del dormiglioni di cui ho "cantato le gesta" in apertura, perchè c'è una linea di confine molto importante da tenere d'occhio, quella linea al di là della quale troviamo Tetris ed al di quà della quale troviamo Dealer.

Questo esempio che vi porto rimarca anche, e non mi stanco ancora di dirlo, l'importanza della presenza dei genitori al fianco dei figli anche nei momenti di giochi.
Perchè abbiamo bisogno di genitori che siano preparati, i giochi non sono più quelli dell'amiga 500 e quindi i genitori devono essere informati, nonostante gli impegni e le preoccupazioni, perchè altrimenti i nostri ragazzi vanno fuori controllo.

 

 

Fonti

Dal sito:
http://www.droga.net/fuoco/Spaccio.htm

Uno sviluppatore indipendente di videogiochi (Nagual Games) ha annunciato lo sviluppo di Dealer: Chronic, Pills & Coke. Scopo del gioco è quello di far crescere i propri affari impersonando la figura uno spacciatore. Naturalmente è possibile sviluppare attività parallele allo spaccio come la ricettazione e la prostituzione oppure assumere droghe. Ecco come un sito Italiano http://mondoxbox.gamesurf.it/ commenta la notizia: "Non dubitiamo del fatto che questo gioco farà molto parlare di sè nel futuro: i presupposti per permettere ai soliti perbenisti di scatenare una nuova crociata contro il mondo dei videogiochi ci sono tutte. Eccovi i primi artwork del gioco, con tanto di logo richiamante una famosa pianta dagli effetti stupefacenti".

Da un po' di tempo vado sostenendo che il mercato della droga sta assumendo aspetti e le strategie di marketing tipici della grande distribuzione. In modo particolarmente insidioso cerca di trasformare le sostanze d'abuso in "normali" prodotti, acquistabili, assieme ad altri prodotti leciti, all'interno di format di consumo complessivi socialmente integrati. Nella logica della grande distribuzione anche gli spacciatori si stanno trasformando in modo che la loro attività diventi socialmente compatibile. Il tutto è fatto per abbassare la percezione generale di devianza e marginalità ed aumentare i volumi di vendita delle droghe alla popolazione generale. Come sempre accade, in queste logiche di mercato l'importante è che il consumatore ritenga di operare scelte consapevoli rispetto all'acquisto. Ciò che non deve conoscere, invece, sono i meccanismi di condizionamento che sono in grado di generare bisogni, altrimenti inesistenti. (Siete mai entrati in un supermercato ed avete acquistato anche cose che non pensavate di comprare? Pensate veramente che sia successo per caso?)

Sono assolutamente convinto che la stragrande maggioranza di persone che si avvicina all'uso di droghe (in questo momento nel nostro Paese), lo faccia non tanto come conseguenza di situazioni di disagio personale o sociale o per un consapevole desiderio di sperimentazione quanto per una sorta di analfabetismo culturale rispondendo ad una pulsione al consumo creata ad arte. Un mercato in così rapida espansione (il consumo di cocaina secondo Fabio Mariani del CNR di Pisa raddoppia ogni due anni!) ha bisogno di incrementare esponenzialmente la rete di vendita: deve, quindi, reclutare nuovi venditori compatibili con diverse fasce di età e con diversi ambienti di consumo. Purtroppo, anche senza volere, le logiche comunicative in cui siamo inseriti fanno si che le informazioni e le notizie in questo campo finiscano comunque per favorire il mercato anziché contrastarlo. Questo stesso articolo, pur commentando criticamente una notizia, finisce a sua volta per pubblicizzare il gioco, la casa che lo produce, il sito che lo promuove e la cannabis che è raffigurata nell'immagine e citata nella descrizione del gioco. Se non avessi nominato l'azienda o il sito avrei comunque invogliato il lettore a cercare sulla rete ... e, in un certo senso, sarebbe stato anche peggio.

Torniamo a"Dealer". Un gioco è un gioco. Lo sa chi lo produce e chi lo usa. Molti di noi, da ragazzi, hanno sparato all'Orso coi fucili dei Luna Park ma non per questo sono nemici degli animali o vanno a caccia. Allo stesso modo si può giocare a "guardie e ladri" senza desiderare di essere poliziotti o criminali. Sono comunque preoccupato. Se un gioco che simula l'attività di spaccio viene prodotto e si pensa di venderlo significa che la figura dello spacciatore sta perdendo molto di quella connotazione che la rendeva esecrabile. Ciò è assolutamente funzionale all'attuale mercato della droga. Dealer, quindi, non può essere considerato una potenziale concausa di devianza ma è, invece, un segnale della pericolosa trasformazione culturale ideologica del nostro tessuto sociale ed anche della sua confusione. Faccio notare, infatti, come anche il redattore di mondoxbox sembri preoccupato che il gioco permetta "ai soliti perbenisti di scatenare una nuova crociata" .... "contro il mondo dei videogiochi". Forse ha ragione anche se non vorrei che, per non essere "perbenisti", si finisca, alla fine, per lasciare sempre più spazio culturale a quello sfruttamento dell'uomo sull'uomo di cui la droga è sempre stato uno degli strumenti principali ... e non

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