Storia

Liberazione di Ingrid Betancourt - 2 Luglio 2008

Liberazione di Ingrid Betancourt - 2 Luglio 2008

I diritti umani, abbiamo visto come si può morire per difenderli.

La forza di una donna, la forza delle idee che il potere non può uccidere. L'immortalità delle parole.

Questi anni hanno visto tante donne pronte alla morte per la difesa dei diritti umani.

Ieri abbiamo visto Anna Politkovskaja, oggi incontriamo la storia (a lieto fine grazie a Dio) di Ingrid Betancourt.

La Betancourt nasce a Bogotà, ma cresce a Parigi. Cresce a Parigi, sposa un diplomatico francese, dà alla luce figli francesi. La sua vita era in Europa. La sua vita, se fosse rimasta lontana dalla sua terra d'origine, sarebbe stata una tranquilla ed agiata vita da occidentale.

Nel 1989 però la sua coscienza venne chiamata all'appello, la sua Colombia, mortificata dal narcotraffico, la richiamò in aiuto.

Ingrid Betancourt rispose.

Il candidato alle presidenziali Luis Carlos Galán venne ucciso dopo aver presentato un programma volto alla distruzione del commercio di stupefacenti.

Ingrid Betancourt rispose.

Arrivò in Colombia, dopo pochi anni venne eletta alla Camera dei Rappresentati e lanciò il Partito Verde Oxigeno. Divorzia dal marito francese e sposa un colombiano.

Nel periodo che la vide in carica criticò aspramente la corruzione del governo colombiano. Si rese protagonista di manifestazioni di rottura, provocatrici, come quando distribuì preservativi gratuitamente dicendo che era questo che lei poteva essere per il popolo colombiano, un preservativo contro la corruzione.

Nel 1998 Andrés Pastrana Arango vincerà le presidenziali anche grazie all'appoggio della Betancourt, appoggio che però non dimostrerà di aver meritato mancando molte delle promesse fatte alla senatrice colombiana.

Come tutti gli uomini e le donne che si battono per i diritti civili, anche la Betancourt presto inizierà a conoscere quel famoso "conto" che molti hanno già pagato alla storia, come abbiamo visto. Che si chiami federazione russa, che si chiami razzismo, che si chiami Cosa Nostra, la storia presenta sempre quel "conto".

Iniziano quindi le minacce di morte. Ingrid Betancourt non desiste. Riesce a mandare i figli in Nuova Zelanda però. Pensa alla sicurezza dei suoi figli e rimane sul campo di battaglia.

In Italia intanto esce il suo primo libro di memorie dal titolo "Forse mi uccideranno domani".

Nel 2002 la Betancourt mantenne le promesse fatte ai suoi seguaci e raggiunse la zona smilitarizzata di San Vicente del Caguán per incontrare le FARC (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia - Esercito del Popolo).

I rapporti tra il governo e le FARC erano in una fase di NON DIALOGO. Le forze armate non permettevano le ispezioni dei rappresentanti delle comunità internazionali e rifiutavano l'ipotesi di una tregua durante il periodo dei negoziati.

La Betancourt venne invitata a desistere.

Rispose presente ancora una volta.

Le FARC la sequestrarono, chiesero in cambio della sua liberazione (insieme a quelle di altri 60 ostaggi politici) la liberazione di 500 prigionieri delle FARC detenuti nelle carceri colombiane.

Il governo e l'amministrazione colombiana non aprirono il dialogo alle FARC e puntarono tutto su un'azione di salvataggio basata sulla forza. I parenti degli ostaggi li fecero desistere da questo intento.

Mentre il governo colombiano, quello francese e quello statunitense proponevano teorie per una liberazione degli ostaggi che non desse però segni di assoggettamento al volere delle FARC, Ingrid Betancourt rimaneva loro prigioniera.

Per qualcuno certo se l'era voluta.

Era in Europa con una famiglia meravigliosa in una vita meravigliosa. Perché lasciare tutto per la libertà del popolo colombiano? Perché lasciare tutto per la difesa dei diritti umani?

La Betancourt rimase quasi sette anni nelle catene delle FARC e durante questi sette anni quasi nessuno si ricordò di lei.

In Italia ne parlò solo Daria Bignardi. Dagli studi della sua trasmissione "Le invasioni Barbariche" ci mostrò il volto di Ingrid Betancourt segnato dalla prigionia, ci mostrò l'agonia dei suoi figli che da sei anni sapevano la madre in catene.

I governi di tutto il mondo non erano capaci di liberare una donna.

All'inizio del 2008 l'opinione pubblica iniziava a muoversi, a ricordarsi di quella donna prigioniera da riportare a casa.

Nel Luglio di quello stesso anno venne resa nota la notizia della sua liberazione.

Ingrid Betancourt passò più di sei anni in catene, sotto la minaccia delle armi. Malnutrita, lontana dagli affetti e dalle condizioni necessarie per condurre una vita civile.

Per più di sei anni l'Italia si è dimenticata di quelle catene, di quella vita, di quei figli che speravano in un ritorno.

Oggi Ingird Betancourt è libera. La sua lotto per i diritti della Colombia non lo sarà mai.

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