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Auricolare

Auricolare

Ho voluto dedicare uno spazio anche ad un oggetto simbolico: l'auricolare.
Entrato nel nostro immaginario negli anni Novanta grazie ( o per colpa ) alla premiata ditta Ambra Angiolini – Gianni Boncompagni, oggi cuffia e microfono delineano una condizione del nostro giorno e dei nostri giovani.

La storia degli anni Duemila è anche un pò la storia del precariato, dei cococo, dei contratti a termine e dei lavori che non danno futuro nè certezze.

I call centre sono l'incarnazione di tutto questo. Di questa sconfinata terra di nessuno.
L'alienzazione di chi lavora nei call centre fa da cartina di tornasole all'alienzazione di chi si rivolge agli operatori per risolvere dei problemi.

Ogni multinazionale che si rispetti ha un call centre, un call centre a Cagliari che risponde ad una persona in difficoltà ad Aosta. Questo il primo principio senza senso. Persone che non vengono messe nelle condizioni per svolgere il proprio compito contro cui inevitabilmente si scaglia l'ira di chi ha bisogno di aiuto e non può trovarlo.

Chi di noi non ha mai perso la pazienza con un operatore di Vodafone, Tre, Telecom, Sky o Fastweb?

Ma ci siamo mai fermati a pensare quali condizioni di lavoro sono costretti a sopportare gli operatori dei call centre?
Lavorano in uno spazio di un metro per uno, con le cuffie alle orecchie, un microfono per parlare. Parlano tutto il giorno seduti accanto a colleghi che come loro parlano tutto il giorno. Parlano tutti, tutto il giorno, senza poter parlare con nessuno.
Non hanno possibilità di fare pause per andare in bagno, hanno tempi prestabiliti entro i quali devono espletare tutte le loro funzioni. Qualunque cosa extra non è contemplata nell'offerta di lavoro.
Devono presentarsi sempre con la stessa formula a chiunque chiami, molte volte dall'altro capo del telefono vengono insultati.

In cambio di cosa? Di un contratto a termine, che raramente viene rinnovato. Alla fine di quel lavoro non avranno imparato nulla.
I pochi fortunati che possono avere una prospettiva nell'azienda devono essere in grado di sopravvivere a tre anni di cuffietta e microfonino.
La maggior parte dei ragazzi che si rifugia in questo tipo di lavoro lo fa perchè finiti gli studi non ha trovato sbocchi.

Questa società offre questo ai suoi giovani.

Li stipa in serie, uno accanto all'altro, inibendo la loro apertura mentale, li fa comunicare tutto il giorno nell'incomunicabilità sperando di scoraggiare la comunicazione vera.

Stipati in serie, uno accanto all'altro, come batterie di polli da macello. 
Di questo sono simbolo quelle cuffie e quel microfono.

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